Quando arrivate, e mi raccontate del perché le cose non sono andate come avrebbero dovuto, la mia parte tecnica, il mio ego, vorrebbero girare un filmato in stile ISIS.
Ma siete uomini, e come tali siete condizionati da mille ostacoli. Una madre che non vi capisce, una fidanzata che vi lascia, una crisi personale senza apparente motivo, 15 giorni in vacanza senza ritegno, uno scazzo personale sul quale allargate sconsolati le braccia.
I miei nemici sono molti, quelli del mio lavoro, intendo, e quasi tutti fantasmi autoprodotti.
A volta ho nostalgia del lavoro con gli agonisti, molti dei quali antepongono il risultato a tutto.
Un rapporto tra causa ed effetto lineare, soldatini che fanno quello che dici, indipendentemente da ciò che li circonda.
Si, un po di nostalgia mi fa serrare di denti sul presente, e’ vero.
Poi penso che un allenatore abbia la necessità di vivere le esperienze umane e comportamentali più ampie e variegate, che lo slalom tra i paletti caratteriali abbia la stessa dignità della discesa libera, ma ti insegni molto di più, in termini di attenzione al “prossimo”, di psicosomatica applicata al fitness, e della più ampia “umana comprensione”.
La nostalgia non manca, ma questa difficoltà ti insegna ad essere empatico, ad immergerti negli altri, a non sederti tra più comode serie di squat e fesa di tacchino.
La “base di Huston” riceve continuamente richiesta della risoluzione di problemi di qualsiasi natura, ma devo dire che ormai non potrei più farne a meno.